International Newspaper

Céline e il viaggio osceno dell’umanità

Guerra pubblicato da Adelphi

Torniamo allora all’incandescente Voyage di Monsieur Destouche, da poco diventato Louis-Ferdinand Céline, uscito nel 1932. Più che un romanzo, una disperata visione di un sistema organizzato del vivere, con protagonisti affamati di catastrofi e innamorati di massacri. Un linguaggio orale tradotto in parola scritta grazie a una serie di intarsi narrativi, periodi che si rompono nel bel mezzo, frasi deformate che…

3

Di Louis-Ferdinand Céline, in questi giorni Adelphi pubblica Guerra, gli inediti rubati nel 1944 dall’abitazione dello scrittore e ricomparsi quasi sessant’anni dopo la sua morte. Il testo narra episodi contemporanei alla prima parte del Viaggio al termine della notte, come se dal celeberrimo capolavoro fosse stato espulso e poi abbandonato alla sua stesura ancora grezza. 

Torniamo allora all’incandescente Voyage di Monsieur Destouche, da poco diventato Louis-Ferdinand Céline, uscito nel 1932. Più che un romanzo, una disperata visione di un sistema organizzato del vivere, con protagonisti affamati di catastrofi e innamorati di massacri. Un linguaggio orale tradotto in parola scritta grazie a una serie di intarsi narrativi, periodi che si rompono nel bel mezzo, frasi deformate che creano sospensione, dialoghi di cui si percepisce il suono con cui li ascoltò per la prima volta la testa dell’autore.  

Crepare senza motivo

Viaggio al termine della notte di Céline

Una visione dei reietti raccolta abbassandosi al loro livello senza mai idealizzarli. Un testo indigesto perché glabro di ogni forma di giustificazione. Il primo conflitto mondiale, ad esempio. Il cuore del Voyage. Bisogna essere davanti alla guerra per scorgere la carogna che incarna. E quando verrà il nostro turno, scrive il narratore Ferdinand Bardamu, prima di tirare le cuoia dovremo aver speso tutte le parole che servono per descriverla. Perché la vera sconfitta è dimenticare che chi è crepato lo ha fatto senza motivo. Crepano i poveri. Non si è mai visto un figlio di ministro con la casacca della soldataglia. 

Il racconto si fa gelido. Fucilare per tirare su il morale alla truppa, scovare il nemico e ucciderlo sul posto come timbrare il cartellino, trasformarsi ogni giorno in una carogna sempre un tantino in più carogna del giorno precedente, le gastriti che di notte fanno grugnire i commilitoni, l’ebetudine che li schiaccia come bambini impazziti, la malaria che strozza le vittime, intere squadre che si rotolano nel sonno tra mosche e parassiti che si depositano su ogni pelo, pulci che fanno il nido nel profondo delle piante dei piedi, partite di scopone su letti intrisi di piscio. Perché la guerra è scavare un tunnel come fanno i topi nei covoni, il modo più soffocante di fuggire dall’inferno.

Le mani nel fango

Quando tutto finisce facciamo i conti con la consapevolezza di quanti sono i nomi che non si muovono più nel nostro passato.

Voyage au bout de la nuit di Céline

Allora si è aggrediti da una nuova e perversa forma di amore. Quella di scappare da ogni posto, convinti stupidamente di una superiorità per ferite acquisite che non ha il minimo senso di essere. Finché ci si stanca di camminare per continuare a trovare niente.

Il ritorno a un brandello di pace umana e sociale che scambiamo per vita ha il volto delle catene di montaggio Ford a Detroit e poi di Parigi. Parigi… Non la Ville Lumière che ha riscoperto i teatri, la culla della letteratura e della pittura del nuovo Rinascimento venuto dagli States, ma quella delle periferie. Col grado di medico condotto dei poveracci, malati nello spirito ancor più che nelle carni, si muove Bardamu-Céline. Borgate che regalano la tubercolosi, villaggi che sorgono in mezzo a fango e immondizia dove le ragazzine lasciano la scuola per beccarsi la blenorragia sotto i colpi dei satiri, febbri che agiscono come la più invincibile cura dimagrante, sputi di sangue positivo che inacidiscono e rendono ancor più egoisti chi se ne libera senza curarsi di dove vengono fatti planare. 

L’inferno prima dell’inferno

Cèline-Bardamu non fa distinzione di credo religioso. Ebrei e cristiani fanno lo stesso. Li cura anche se privi di monete sufficienti a pagarsi lo sforzo. Sa che non può fare altrimenti, anche se per i suoi malati lui rimarrà comunque un’ombra che scivola nell’ignoto di un tunnel senza fine. La fatica non si ripaga con gesti di gratitudine. 

Si va avanti grazie alle parti basse dell’anima, anche se ciò non dovrebbe convincerci a considerarci figli più elevati del regno animale. La realtà resta grottesca, sprezzante e puzzolente. Per l’autore non si tratta solo di finzione letteraria, ecco perché il termine romanzo è impuro.

Eppure, a dispetto dell’agonia con cui viviamo il nostro nuovo tempo, “agonizzare non basta. Bisogna godere mentre te ne vai, con gli ultimi rantoli devi godere ancora, giù in fondo alla vita, con le arterie piene d’urea”. Per evitare fino in fondo la commedia dell’infelicità, quella che “cerca di passare dalla vita nella stessa morte”. Anche se quest’ultima è l’unica verità. 

Poi, complice l’autore stesso, contro Céline si sarebbe scatenato l’inferno. 

Corrado Ori Tanzi

3 Commenti
  1. […] senza farlo mai intervenire in prima persona (Il dubbio), con scene tagliate e montate in modo che più del crimine in sé parlino il disonore che la colpa crea a cascata nell’allora sistema […]

  2. […] rivela quando è animato solo da fiato univoco. Un quadro di Rothko, uno di quelli con tonalità scure, a pretendere di trovarne un fratello nell’arte. Un diario che si alimenta della tradizionale […]

  3. […] in un “viaggio surreal-stralunato all’interno di un universo parallelo nel quale aleggia lo spirito di certi tipi strambi” come lo definisce l’autore. Un’opera (che Ligeti stesso definì […]

Lascia una risposta
Skip to content