International Newspaper

Rosa Teruzzi e le tre terribili donne del Giambellino

Intervista a Rosa Teruzzi

L’autrice è Rosa Teruzzi, un passato di cronista di nera (una delle scuole più formative per chi vuole scrivere un giallo, come sostiene Don Winslow) e un presente sempre in tema, ma questa volta col mezzo televisivo. E l’esperienza si legge.
Guidata da una naturale capacità letteraria, abile nel dosare tensione e umorismo, finemente dotata nella delicata arte del costruire i dialoghi…

Si chiamano Jole, Libera e Vittoria. Nonna, madre e figlia. Vivono a Milano nell’eroico Giambellino, quartiere che dall’ultimo dopoguerra è stato fonte d’ispirazione infinita per musicisti, letterati e delinquenti. L’unica del mestiere è Vittoria, agente di polizia, ma i tesserini non hanno rilevanza. Perché se c’è un caso che arriva anche solo al loro fiuto, allora fosforo e intuito si mettono in marcia automaticamente.

La sposa scomparsa, il primo libro della serie I delitti del casello di Rosa Teruzzi

Già otto i libri che narrano delle loro avventure, La sposa scomparsa l’esordio, Il valzer dei traditori l’ultimo (ma ancora per poco), raggruppati nella saga che conosciamo come “i delitti del casello”, per indicare il luogo (un ex casello ferroviario) in cui le protagoniste abitano. L’autrice è Rosa Teruzzi, un passato di cronista di nera (una delle scuole più formative per chi vuole scrivere un giallo, come sostiene Don Winslow) e un presente sempre in tema, ma questa volta col mezzo televisivo. E l’esperienza si legge.

Guidata da una naturale capacità letteraria, abile nel dosare tensione e umorismo, finemente dotata nella delicata arte del costruire i dialoghi, Teruzzi si è affermata come giallista anche per il profilo delle investigazioni che annoda attorno alle sue protagoniste, degne delle celebri indagini che hanno segnato la vita dei vari Maigret, Ambrosio, Lamberti e Montalbano. Con le quali ci arriva un taglio ben fatto della contemporaneità di questa intricata e anguillesca metropoli che è Milano.

Quale l’abc nella costruzione di un romanzo giallo, la sua architettura portante?

 Sinceramente non saprei rispondere. Nella famosa distinzione tra scrittori architetti (pianificatori) e scrittori giardinieri (improvvisatori), io mi colloco tra i secondi, del resto, la mia protagonista è una fioraia, non potrei che essere una giardiniera. Non  uso la scaletta. Parto dai miei personaggi e da una situazione in cui li metto e li lascio agire. Di solito, fin dall’inizio ho un’idea del finale, ma a volte la tradisco

 È prossima a vedere pubblicata la nona avventura delle tre protagoniste dei delitti del casello. Si è fatta un’idea su come costruire la frase perfetta in una crime story?

Ho una vera ossessione per la lingua. Scrivo e riscrivo la stessa frase più volte finché non risulta musicale al mio orecchio e questo vale soprattutto nei dialoghi, che non devono essere banali ma neanche troppo “letterari”, artificiosi.

Comunque, per mia fortuna, non sono una perfezionista. Una mia amica diceva che il perfezionismo è nemico della

Rosa Teruzzi

creazione e per questo ti blocca. Io scrivo e correggo fino alla consegna, tanto non sarò mai veramente soddisfatta del risultato.

Ci sono scrittori che, nell’ambito di una stessa saga, non ripetono nelle nuove storie il passato di personaggi e situazioni e altri che invece preferiscono riassumere il pregresso dei punti cardini della vicenda. Lei appartiene a questa seconda scuola. Cosa l’ha portata a questa scelta?

Penso che il lettore debba sapere con chi ha a che fare. I personaggi seriali hanno una storia, umana ed emotiva, che necessariamente li porta a muoversi e a parlare in un certo modo. Lo sforzo è rendere questa storia in poche righe e senza ripetersi, senza fare il “riassuntino delle puntate precedenti”, per non annoiarsi e non annoiare. È una sfida creativa e il capitolo in cui faccio entrare in scena le mie protagoniste è uno dei più difficili per me.

 Quale, nella sua testa, il processo di costruzione di una nuova storia?

Di solito, appena consegno il libro che uscirà a primavera, comincio a pensare al successivo. Magari l’idea è nata prima, ma è comunque un’idea confusa. Prendo qualche appunto su un quadernone rosso, con una biro rossa, ma inizio a scrivere solo in estate, quando sono libera dal lavoro, e lo faccio in modo compulsivo, molte ore al giorno. Voglio essere completamente immersa nel mondo dei miei protagonisti.

 Il suo metodo creativo parte tradizionalmente nella sua casa sul lago di Como dove si ritira come un monaco e da cui esce con il testo completato. Ci può descrivere l’atmosfera attorno a lei in quei giorni e quali presenze ammette nel sacro spazio?

La casa in cui scrivo è un ex casello ferroviario tra i campi e vicino a una piccola baia. È un posto tranquillo che divido con mio marito. Nei giorni della scrittura, che coincidono con le mie vacanze, mi alzo presto, vado al bar a leggere il giornale, sto molto al computer, ma mi occupo anche della casa e dell’orto e, quando posso, mi ritaglio il tempo per un bagno al lago o una passeggiata la sera o, ancora, una gita in bicicletta. Tutto molto quotidiano, insomma, niente di eccentrico.

 Da quasi tre decenni il giallo in Italia ha preso il posto della letteratura tout court andando oltre l’intreccio criminoso da risolvere e raccontando la contemporaneità con una accuratezza di realismo storico a cui la narrazione non di genere  non riesce ad arrivare. Come vede questo aspetto?

Il valzer dei traditori, la più recente avventura di Rosa Teruzzi

Penso che, in effetti, i gialli possano essere definiti “romanzi sociali” perché indagano le ombre della società, ma questo ovviamente vale solo per i buoni gialli, così come per i buoni romanzi non di genere. Non amo le etichette e, da lettrice, non mi pongo limiti. Inoltre, anche molte storie all’apparenza “intimistiche” sanno raccontare la realtà,  pur senza diventare affreschi sociali, perché indagano il cuore umano, che è al centro del nostro universo.

 Se i personaggi dei libri raccontano qualcosa anche dell’autore lei deve essere una grande appassionata di Giorgio Scerbanenco. Più in generale, quali le letture di formazione della ragazza Rosa e poi dell’affermata giornalista di cronaca nera?

Ho letto il mio primo giallo ben dopo i vent’anni, per merito di una straordinaria libraia che avevo conosciuto lavorando a La Notte: Tecla Dozio della Sherlockiana di Milano. È stata lei a farmi conoscere Scerbanenco, Simenon, Durrenmatt, Camilleri e gli altri maestri del genere. Da ragazza amavo il feuilletton (Dumas, Sabatini) e  i classici (Stevenson, Austen, le sorelle Brontë), ma anche autori più contemporanei, ovviamente. Sono sempre stata una lettrice onnivora e curiosa. Spazio dai romanzi ai saggi e amo la storia, la letteratura di viaggio e la botanica.

 Libera, Iole e Vittoria, le sue tre donne contro il crimine, hanno tutto per essere portate sullo schermo. Pensa a una fiction tratta dai suoi libri? E, nel caso, quali le attrici che potrebbero animarle?

I diritti dei romanzi della serie del casello sono stati tutti opzionati da una casa di produzione e uno sceneggiatore ci sta lavorando, ma io preferisco non coltivare aspettative. Lavorando in tivù, so quanto sia complesso il passaggio dalla carta allo schermo, quanto i personaggi e le storie si trasformino nel percorso e, francamente, la cosa mi spaventa. Per ora, preferisco scrivere le mie storie e concentrarmi solo su quelle, senza secondi fini. C’è però un’attrice italiana che, nei miei sogni, assomiglia a Libera ed è Elena Sofia Ricci.

 Lei racconta Milano. Torniamo all’era aurea di Scerbanenco e Olivieri. Milano dava più materiale a loro o è più generosa con lei oggi?

Milano è una città poliedrica, tesa verso il futuro ma profondamente radicata nel  passato, perfetta – viste le sue

Rosa Teruzzi

luci e ombre – per uno scrittore di noir. La mia Milano è essenzialmente quella delle periferie: su nove romanzi della serie solo uno, Gli amanti di Brera, è ambientato in centro. È una scelta, perché trovo le periferie più interessanti. Dove c’è una linea di confine infatti c’è una ferita e le nostre ferite parlano di noi molto più dei nostri successi.

 Ha un passato di giornalista di strada raccontando per l’eroica La Notte la criminalità di Milano di tanti anni fa, un presente in cui la cronaca nera resta il suo pane ma attraverso gli schermi di Retequattro con Quarto Grado. Oggi chi riesce a raccontare meglio la nera, la carta stampata o la televisione?

Non conta il mezzo, contano l’uomo e la donna. Sono i bravi giornalisti a fare la differenza, quando riescono a cogliere nelle storie che devono raccontare la scintilla che le rende universali. I loro nemici sono la superficialità, il pregiudizio e la fretta.  Come mi ha insegnato uno dei miei primi maestri, l’importante non è capire “chi” ha compiuto un delitto –  quello è il compito degli inquirenti – ma “perché” l’ha fatto.

 Qualche anno fa, lo spagnolo Andrés Trapiello ne Gli amici del delitto perfetto cercò di dimostrare una sua convinzione opposta al secolare mantra che guida l’argomento: il delitto perfetto esiste eccome. Lei come si pone sulla questione?

La cronaca dimostra che, a volte, gli assassini la fanno franca e questo accade per la loro astuzia, per un colpo di fortuna o per insipienza di chi indaga. Ma è davvero perfetto, il delitto che hanno commesso? O è solo impunito? Come donna, prima che come scrittrice, non ho mai subito il fascino del male. Se racconto l’ombra è solo perché cerco la luce.

 So che vuole creare un club del giallo. Solo un’idea o già un’iniziativa? E come funzionerebbe?

Rosa Teruzzi

È’ un progetto che sto portando avanti grazie alle tre associazioni (Canottieri San Cristoforo, Trillino Selvaggio e Ciclochard) a cui il Municipio 6 ha affidato il casello ferroviario di via Pesto, il piccolo stabile affacciato sui binari in cui sono ambientati i miei romanzi e dove abitano le Miss Marple del Giambellino. L’idea è quella di creare uno spazio, una volta al mese, per discutere insieme dei libri che amiamo, magari invitando altri scrittori. Un’iniziativa che dovrebbe partire a fine primavera, dopo che una parte dei lavori di ristrutturazione sarà completata.

 Il romanzo che in assoluto darebbe chissà cosa pur di risultarne l’autrice per l’eternità.

Oh, no! Ogni autore ha la sua voce e io non potrei mai barare su questo argomento. Ho alle spalle una lunga storia di rifiuti editoriali che però non mi hanno dissuaso dal raccontare le mie storie a modo mio e con tutti i miei limiti

E questo è quello che voglio continuare a fare finché non mi stancherò. Invece i romanzi che mi fanno battere il cuore li lascio sul comodino o sugli scaffali delle mie librerie da cui li prelevo ogni tanto per rileggerli, ammirata.

Corrado Ori Tanzi

 

Lascia una risposta
Skip to content