Crêuza de mä di Fabrizio De Andrè
Edito da Ricordi nel 1984
Progettato insieme a Mauro Pagani, l’unitarietà del disco è lo strabiliante equilibrio fra antico e moderno, dove l’amalgama tra strumenti acustici di origine popolare rende universale il suo messaggio. I temi esplorati rientrano nella poetica di De André, dando voce ai più diseredati e agli ultimi, avendo anche un occhio sarcastico per i potenti della terra e i servi del potere…
«Purtroppo non ho più sentito nulla di lontanamente paragonabile a Crêuza de mä, che infatti continuo a duplicare per un sacco di amici americani». Così David Byrne (fondatore e leader dei Talking Heads) diceva nel 2001. Ormai sono passati molti anni e questa affermazione fa capire quanto è stata fondamentale quella pubblicazione.
Crêuza de mä
Pur essendo autore di altri dischi che hanno fatto la storia, questo di Fabrizio De André ha dentro un universo sonoro e intellettuale unico.
Progettato insieme a Mauro Pagani, l’unitarietà del disco è lo strabiliante equilibrio fra antico e moderno, dove l’amalgama tra strumenti acustici di origine popolare rende universale il suo messaggio. I temi esplorati rientrano nella poetica di De André, dando voce ai più diseredati e agli ultimi, avendo anche un occhio sarcastico per i potenti della terra e i servi del potere.
Cantato in lingua genovese (con alcune accomodature derivanti dalle ricerche che lo stesso cantautore fece negli anni precedenti), Crêuza de mä è un viaggio musicale, culturale e storico che investe tutto il Mediterraneo: parte dalla Tracia (con il gruppo strumentale greco che apre l’album e introduce il brano che dà titolo al disco), spostandosi poi nel mondo seducente della femminilità mediorientale (Jamin-a);
poi tra le atrocità di Sidún (dove un padre ricorda la morte del proprio figlio, travolto dai cingoli di un carro armato); passando dalla storia vera del visconte genovese Scipione Cicaladi, che da commerciante per opportunismo diviene pascià convertendosi all’Islam (Sinán Capudán Pasciá), si arriva a Genova con il personaggio descritto in ‘Â pittima (una sorta di persona assoldata per esigere i crediti dai debitori insolventi);
e ancora con il brano ‘Â duménega, dove in modo ironico si descrivono i vari atteggiamenti che i cittadini genovesi hanno al
passaggio delle prostitute durante passeggiata domenicale che concedeva un tempo il comune di Genova.
D’ä mæ riva
Il disco si chiude con D’ä mæ riva: se nel brano iniziale De André descriveva il ritorno notturno dei marinai a riva e il loro peregrinare tra i caruggi genovesi e le osterie, qui il protagonista è un marinaio che sta per salpare per un nuovo viaggio, e saluta con un canto addolorato la sua città e l’innamorata, ferma sul molo.
Se c’è un disco che non ci si stanca mai di ascoltare, e ogni volta si scopre qualcosa di nuovo, questo è proprio Crêuza de mä.
Riccardo Santangelo