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The Beatles

Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band, edito da Parlophone, 1967

Ci vollero 129 giorni per completare le registrazioni, il disco è un concept album che si presenta come una intera e unica suite, dove tra un brano e l’altro non ci sono pause. A suonare in questo disco non sono i quattro Beatles, ma i loro alter-ego, appunto la Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band…

Da dove si può partire per raccontare Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, l’ottavo album pubblicato da The Beatles? Ci sarebbe l’imbarazzo della scelta, per quanto si possa scrivere (e si è scritto) di uno dei più osannati dischi della storia della musica. Sono passati 55 anni (fu messo in commercio in Gran Bretagna il 1° giugno 1967) e il suo fascino rimane immutato. Di certo per chiunque dal quel momento ha avuto la fortuna di avvicinarsi a questo disco, la copertina è il suo biglietto da visita.

Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band

Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, The Beatles

Progettata come collage da Peter Blake in essa vengono raccolti, più o meno settanta personaggi (compresi i Fab Four). Citarli tutti non servirebbe, ma tra gli altri possiamo distinguere Mae West, Karlheinz Stockhausen, Carl Gustav Jung, Edgar Allan Poe, Fred Astaire, Bob Dylan, Aldous Huxley, Dylan Thomas, Tony Curtis, Marilyn Monroe, William Burroughs, Karl Marx, Marlon Brando, Oscar Wilde, George Bernard Shaw, Sonny Liston, Albert Einstein, Marlene Dietrich. Alla prima copertina realizzata si apportarono diverse modifiche tra cui la cancellazione, voluta dalla casa discografica EMI (proprietaria del marchio Parlophone), del volto di Gandhi; ma anche la decisione di lasciare fuori alcuni personaggi che erano stati scelti all’inizio: tra loro Brigitte Bardot, René Magritte, il Marchese de Sade, Alfred Jarry, Friedrich Nietzsche, Gesù Cristo e Adolf Hitler (gli ultimi due depennati per paura di provocare controversie).Negli anni attorno a questo collage sono nati varie leggende, che ancor di più ne arricchiscono di fascino e l’ambiguità di alcune scelte.

I Beatles

E questa è la copertina! Ma l’esplosione di “colori” e “contrasti” non si ferma qui. Cercare di definire in poche parole il contenuto dell’album è impresa epica e impossibile. Ci vollero 129 giorni per completare le registrazioni, il disco è un concept album che si presenta come una intera e unica suite, dove tra un brano e l’altro non ci sono pause. Uno dei tecnici che contribuirono alla registrazione presso gli Abbey Road Studios di Londra affermò: «I Beatles insistettero perché “Sgt. Pepper’s” fosse “diverso”. Per questo ogni cosa venne distorta, oppure compressa, o trattata con un’eccessiva equalizzazione. Aggiungemmo degli ampi echi alle voci e mille altre diavolerie tecnologiche che all’epoca nessuno aveva mai pensato di usare». A suonare in questo disco non sono i quattro Beatles, ma i loro alter-ego, appunto la Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band: «Eravamo stanchi di essere i

The Beatles

Beatles… non ci consideravamo più dei suonatori, ma degli artisti. […] Pensai perché non creiamo degli alter-ego? Ci renderebbe molto più liberi. Non saremmo più, quando cantiamo, John o Paul, ma due componenti della nostra band immaginaria». Così McCartney raccontò qualche anno dopo.

Le influenze

Le influenze musicali che i Beatles portarono in questo album spaziano dalla psichedelia di Lucy in the Sky with Diamonds alla ballad di She’s Leaving Home, dall’old time di When I’m Sixty-Four, al sound indiano di Within You Without You (unico brano non a firma del duo Lennon-McCartney, ma di George Harrison), dallo “strano” valzer di Being for the Benefit of Mr. Kite! al rock’n’roll di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band. Tutto l’album è pieno di “gemme”, ma altri due brani meritano una citazione: With a Little Help from My Friends, piccolo gioiellino, quasi nascosto, che ebbe un notevole successo nell’interpretazione che ne fece Joe Cocker durante il Festival di Woodstock, e il pezzo che chiude il disco, A Day in the Life, che è considerato una delle vette compositive della band. È il brano più lungo del disco (5 minuti e 34) e si interrompe a 30 secondi dalla fine con una pausa, per poi tornare con una traccia “fantasma” (Sgt. Pepper Inner Groove) contenente varie voci in backmasking, cioè l’inserimento di messaggi nascosti nelle registrazioni audio.

Per questo disco i Beatles non vollero lasciare nulla al caso, cercando di sperimentare il più possibile e sfruttando tutta la tecnologia conosciuta fino ad allora.

Riccardo Santangelo

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