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Mark, 57 rose per te

Se n’è andato Mark. Mark Lanegan.

Basta ascoltare la sua versione di Man In The Long Black Coat di Bob Dylan per percepire come quella canzone sembra essere stata composta perché gli si cuce sulla pelle e nell’anima…

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Se n’è andato Mark. Mark Lanegan. Cinquantasette gli anni del suo cammino terreno.

Se n’è andato e ancora non conosciamo come. Ma che conta il “come” se il “cosa” ci opprime trasformando chi lo ha amato in un maledetto Sisifo condannato dal peso del masso che mai arriverà alla cima del monte.

Mark

Mark Lanegan Live Sala Apolo

Mark sorrideva. Stanco, esausto dal concerto, ma incapace di negarsi al pubblico rimasto sul posto dopo averlo ascoltato.

Era affascinante Mark. Quanto la sua voce, oscura, cavernosa, colorata di una malinconia priva di sdolcinature, terribilmente seducente. Frutto di una violenza a cui lui stesso aveva sottoposto per anni il fisico. 

«Tutte le canzoni che trasmettono positività e allegria, a me fanno venire una tristezza infinita. Perché dentro di te sai che le cose, nella realtà, saranno sempre diverse», disse una volta. Per questo brani come Wonderful World o Wouldn’t It Be Nice lo deprimevano. Un’iscrizione sulla sua lapide più che una frase lasciata sul taccuino del giornalista.

La sua versione di Man In The Long Black Coat di Bob Dylan

Basta ascoltare la sua versione di Man In The Long Black Coat di Bob Dylan per percepire come quella canzone sembra essere stata composta perché gli si cuce sulla pelle e nell’anima.

Mark Lanegan

Pescando a caso nel pozzo delle sue gemme mi è salito Blues Funeral, ad 2012. Un labirinto notturno senza luna che ci trasforma nel becchino di un camposanto che guarda i morti conscio che i morti guardino lui.

Se n’è andato Mark. E, al momento, chissenefrega se noi possiamo ancora mettere sullo stereo i suoi dischi. Lui non c’è più. E allora che il Tempo si comporti presto da galantuomo come i vivi dicono che faccia.

Corrado Ori Tanzi

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