Le Sette Vie del Drago, il fantasy ucronico
di Francesco Codenotti
Un romanzo che si districa tra fantasy e prospettiva che usa il tempo per affermarne proprio l’assenza, narrazione che fa degli archetipi del genere impronte per definire la complessità del genere umano. Intervista a Francesco Codenotti…
C’è una prova a cui tutti noi, donne e uomini con o senza qualità, la vita impone di affrontare. Volenti o nolenti, coscienti o no. Se però l’abbrivio si presenta eterodiretto, siamo leggermente nei guai.
Le Sette Vie del Drago
E nei guai sono i personaggi che animano Le Sette Vie del Drago (BookRoad, 256 pagg., 13,90 euro) romanzo d’esordio di Francesco Codenotti. Per scrittura, matura e guidata con misura, e storia, impastata con un’architettura per niente semplice, appare bizzarro che il lettore s’immerga in una prova d’esordio.
Un romanzo che si districa tra fantasy e prospettiva che usa il tempo per affermarne proprio l’assenza, narrazione che fa degli archetipi del genere impronte per definire la complessità del genere umano, nelle pagine incarnato da giovani rappresentanti chiamati a una delicata missione che nasce da una profezia. Con un invisibile Mangiafuoco che dall’alto osserva.
L’architettura del romanzo prevede dei continui sbalzi spazio-temporali. Cosa le ha portato in termini di costruzione narrativa?
La storia, in realtà, si è scritta da sola. Col tempo, mi sono accorto che una delle mie caratteristiche come scrittore è quella di creare il caos per poi da esso, spesso nel finale, ricostruire l’ordine. Gli sbalzi temporali, l’ucronia, fa quindi parte di me. La linearità non è nelle mie corde. Questo metodo prevede, purtroppo, molta attenzione ai particolari. Ma allo stesso modo mi permette di divertirmi. Amo gli scrittori che si prendono gioco di me lettore, facendomi diventare matto. Ecco, spero nel mio piccolo di aver fatto lo stesso.
Come si è sviluppato il suo lavoro di ricerca?
La ricerca si è sviluppata sia per quanto riguarda il significato dei nomi dei personaggi sia per l’aspetto geoculturale dei luoghi. A ciò si sono aggiunte un bel po’ di conoscenze derivatemi dall’esperienza come lettore e amante di serie tv e film. Insomma, un nerd, leggendo Le sette vie del Drago, avrà di che divertirsi.
I suoi personaggi non arrivano al lettore come paladini marvelliani. Resta intatto il loro profilo squisitamente umano. È stato un rischio di cui era consapevole quello di evitare di farne dei supereroi o è un problema che non si è posto?
Volevo una storia che fosse calata nel mondo reale. E il mondo reale non è costruito dai supereroi. Penso che questo la gente lo capisca. Le persone amano Spiderman perché riescono a identificarsi in Peter Parker, amano Iron Man perché nelle cadute di Tony Stark vedono il buio che è sempre dentro di noi. Scelta consapevole da parte mia? Non lo so. Più probabilmente, scelta dovuta per essere fedele a me stesso.
Sul campo si affrontano due fazioni opposte: i Custodi, anime in grado di sacrificare se stessi per la conservazione di tutto ciò che di meglio l’essere umano è in grado di produrre, e imperscrutabili Esseri al servizio del Male. Questi ultimi si appalesano grazie a Portali che racchiudono un altro tempo e un diverso spazio. Perché ha ideato una dimensione diversa per il Male?
Il Male nel romanzo è presente ma quasi mai palpabile. È una forza intangibile e asettica, senza volto, che si muove tra le
dimensioni perché esso, come nella realtà, può apparire ovunque. Il Male, se non affrontato, è sempre dentro di noi. In tal senso, penso sia significativa una delle frasi che più spesso i lettori del romanzo citano: “Il confine tra il Bene e il Male è una linea sottile come quella tra la Vita e la Morte”. Il Male viene sì da una dimensione diversa, ma è una dimensione che è comunque quella che noi tutti conosciamo.
Lei crede alla realtà parallela?
Credo che la razza umana non sia l’unica senziente nell’universo. Credo anche nell’esistenza in un’entità superiore, ma non sul fatto che essa interferisca effettivamente sulle nostre scelte. Ognuno di noi è fautore del proprio destino. Realtà parallela? Mi piace tantissimo l’idea del multiverso, sia come espediente letterario sia come ambito di ricerca scientifica, ma per ora, per me, lì si fermano: espediente letterario e realtà scientifica, appunto. Io, in linea di massima, sono per il reale. Se un giorno ne verrà dimostrata l’esistenza, sarò il primo ad accoglierla come realtà. Per ora è solo una possibilità come tante altre.
Questi Custodi, o Spiriti guardiani, si trovano, per scelta altrui, a incominciare un viaggio che li porterà alla montagna del Drago perché è lì da cui tutto è incominciato. È convinto che conoscere il Big Bang della storia del genere umano sia il Graal che aiuterebbe la nostra specie a spostarsi su un percorso di vero soccorso comune?
È solo guardando indietro – Scritture, Avi, Cultura in genere – che possiamo capire come andare avanti. E questo si applica anche alla nostra breve, quasi infinitamente piccola esistenza. Ogni cosa che facciamo in un dato periodo ha il suo perché di esistere in quel dato periodo. Ogni errore commesso od ogni passo nella giusta direzione che compiamo deve divenire un insegnamento.
Ha inserito anche il deus ex machina. Lo Scrittore senza volto e nome che entra ed esce dal romanzo quasi a decidere che il fato è pasta sua. Si è ispirato a qualche modello di preciso?
In tutta sincerità, no. Ho sempre voluto inserire un personaggio esterno e, anche in quello che sto scrivendo ora, lo faccio. Come detto, mi piace interagire con i miei lettori. Se poi mi venga chiesto se tale personaggio sia io stesso, non saprei rispondere. Ognuno scelga da sé. Amo, però, le storie dentro le storie. In quest’ottica, fondamentale per me è stata La Storia Infinita di Michael Ende.
Il riferimento a una serie di culture diverse tra loro che danno luce alla storia è solo un mezzo narrativo o il frutto invece di una sua precisa posizione sul valore della multiculturalità?
È una scelta dovuta al mio essere. Ho avuto la fortuna, grazie ai miei genitori prima e alla mia curiosità poi, di viaggiare molto nella vita. Nulla come il viaggiare riempie lo spirito e ci rende migliori. È quindi per me naturale approcciarmi alla scrittura in questo modo. Quasi nulla di ciò che scrivo è frutto di una riflessione a priori. Attraverso ciò che scrivo trasmetto il mio modo di vedere la vita.
La pubblicazione de Le Sette vie del Drago è il frutto di una campagna di crowdfunding. Come mai questa scelta?
A dir la verità, non si è trattato di una scelta. Quando mi sono avvicinato al mondo dell’editoria, conoscevo quasi esclusivamente la parte del lettore. E, come molti, nel momento in cui ho avuto il primo contratto tra le mani, non ho esitato a firmarlo. È stato un percorso irto di ostacoli che mi ha costretto a mettermi in gioco, e questo mi ha portato a conoscere persone stupende e a farmi conoscere. La campagna è terminata con successo con ben sessantasette giorni di anticipo e posso solo ringraziare chi ha deciso fin da subito di sostenermi. So, purtroppo, che per molti miei colleghi non è stato così.
Una modalità ormai abbastanza abituale, anche in altre arti, più all’estero che da noi. Che cosa scontiamo, semplice timore del nuovo o la tradizionale pigrizia del nostro Paese nel cercare di far proprie vie diverse da quelle tradizionali?
L’editoria italiana è in crisi da tempo, e uno dei modi che ha trovato per aiutarsi è stato prendere dall’estero il crowdfunding. Il problema è che se in alcuni casi è stato utilizzato nel modo corretto, in altri sono stati sbagliati l’approccio e il messaggio che è stato passato alle persone. A ciò si aggiunge il fatto che l’italiano è meno abituato a questo modo di muoversi, soprattutto se legato al mondo dell’editoria.
Di quali letture dell’autore è figlio il romanzo?
Il romanzo è il compendio di molte mie passioni: lettura, viaggio, serie televisive, film eccetera. Io ho letto tutto ciò che sono riuscito a recuperare di Tolkien, anche se non ancora tradotto in italiano, ma nello scrivere ho cercato, quantomeno nell’ambientazione e nello stile, di staccarmene. Di Tolkien ho però mantenuto la strutturazione del romanzo, affidata quasi esclusivamente all’ispirazione del momento. Da Ransom Riggs ho preso l’idea di “ragazzi con poteri speciali”, mentre, spostandoci in Italia, il mio libro di ispirazione è senza dubbio L’Ombra del Primo R di Lorenzo Sartori.
Corrado Ori Tanzi