Roots & Skies di Victoria Kirilova
edito da Da Vinci Jazz
Come la stessa Kirilova ci spiega: “Per me il jazz oggi è uno spazio aperto. È una lingua viva, che permette l’incontro tra culture, la sperimentazione, la libertà. Non lo vedo come un genere chiuso, ma come un punto di partenza per esplorare”. In Roots & Skies si trovano sette brani con un “cuore” compositivo che si sviluppa attorno a temi attuali e universali come la pace, l’inclusione, la nostalgia di casa e la gioia del viaggio e dell’incontro, componendo un mosaico sonoro emotivo e coerente, talvolta intimo.
Quanto si sia evoluto il jazz dalla sua nascita a oggi tutti lo possiamo constatare. Alcuni lo considerano il genere che per antonomasia ha caratterizzato il XX secolo. E forse qualche ragione in questa affermazione può esserci. Nato all’alba del centennio trascorso, ha saputo mischiarsi con gli altri generi musicali, sia essi già esistenti che di nascita successiva, trasformandosi e trasformando. Come se volesse essere la riprova della Legge della Conservazione della Massa: «Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma». Così cedendo o accogliendo sonorità e stereotopi diversi, ha saputo continuare a evolversi, trovando sempre una propria dimensione nel contesto temporale in cui stava vivendo.
Esempi per confermare questa semplice teoria ne potremo trovare molti; non ultimo può essere messo in evidenza il disco d’esordio (in studio) di Victoria Kirilova (accompagnata dal clarinettista Oscar Antoli, il pianista Urs Hager e il percussionista Amir Wahba).
Victoria Kirilova

Victoria Kirilova, contrabbassista, compositrice e bandleader, con Roots & Skies (edito da Da Vinci Jazz) intreccia jazz contemporaneo, musica da camera, folklore bulgaro e ispirazioni mediorientali, creando un suono e un immaginario transculturale, che va oltre hai confini di genere. Come la stessa Kirilova ci spiega: “Per me il jazz oggi è uno spazio aperto. È una lingua viva, che permette l’incontro tra culture, la sperimentazione, la libertà. Non lo vedo come un genere chiuso, ma come un punto di partenza per esplorare”.
Bulgara di nascita, Victoria si è formata musicalmente tra il Conservatorio di Milano e il MUK di Vienna, e ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui a Start-Scholarship del Ministero Austriaco dell’Arte e della Cultura, il Concorso Fidelio (Vienna) e il Premio Nazionale delle Arti (Italia). Ha avuto modo di suonare i molti festival, come Bergamo Jazz, Firenze Jazz Festival, Lucca Jazz, Jazz en el Parque (Bogotá), Medejazz (Medellín), Amman Jazz Festival, Musiqa 3al Daraj (Petra), Kultursommer (Vienna), Novara Jazz e A to Jazz Festival (Sofia), e in sale da concerto, progetti artistici e network radiofonici in giro per il mondo.
Roots & Skies
In Roots & Skies si trovano sette brani con un “cuore” compositivo che si sviluppa attorno a temi attuali e universali come la pace, l’inclusione, la nostalgia di casa e la gioia del viaggio e dell’incontro, componendo un mosaico sonoro emotivo e coerente, talvolta intimo. La musicista su questo aspetto ci ha spiegato: “Ogni brano dell’album è legato a uno o più di questi temi. Ad esempio, “Travelling light” racconta della gioia e la libertà del viaggio, l’emozione di nuovi incontri e la sensazione di sentirsi liberi mentre si esplora il mondo. “Midnight Express” racconta di un viaggio notturno verso l’ignoto, evocando il desiderio di scoperta.

Infine, brani come “Petrunka” toccano il tema della forza femminile: la protagonista del canto popolare, da cui trae ispirazione la mia composizione, è una giovane donna che guida la tradizionale danza in cerchio durante le riunioni del paese, un ruolo tradizionalmente assegnato agli uomini”.
Un’altra caratteristica che emerge dall’ascolto di Roots & Skies è la presenza in ognuno dei sette brani originali di riferimenti a luoghi geografici reali e non; portando l’ascoltatore attraverso città, paesaggi vibranti e in straordinari quanto misteriosi viaggi notturni in treno, la cui atmosfera di realismo magico è popolata da personaggi delle fiabe e dei canti tradizionali. “Alcune città sono reali, – ci racconta Victoria – altre immaginarie o simboliche, come quelle che si formano nei sogni o nei ricordi. “City of Hills” per esempio, è un pezzo su una città immaginaria del sud, piena di sole e storie interessanti. È un’immagine comune, creata dalle mie impressioni di città come Plovdiv, Istanbul, o Amman”.
Le radici come forza viva della musica

La forza che scaurisce dall’ascolto del disco la si può trovare nella sua vivacità e amalgama compositiva, che prende spunto da tematiche popolari e etniche, per poi costruire un’“imparlacura” sonora di grande impatto. La stessa Kirilova afferma: “Ho voluto contestualizzare la tradizione bulgara in uno spazio aperto e in continua evoluzione, trasformando le mie radici in forze vive e dinamiche della musica contemporanea. Questo progetto è la realizzazione di un sogno che coltivo da anni”. Ma in questo “spazio aperto”, oltre alla vena originale della Kirilova, si colgono echi di compositori che l’hanno ispirata. Su quest’aspetto la stessa musicista bulgara ci spiega le suggestioni che possiamo percepire: “Le mie ispirazioni sono molto varie. Dal mondo del jazz contemporaneo mi interessa tanto la ricerca e la filosofia di musicisti come il mio insegnante Milcho Leviev, o il genio Brad Mehldau. Dal lato classico, sono innamorata della musica della prima parte del Novecento – penso a compositori come Stravinsky, che ha veramente saputo fondere tradizione e modernità, ma anche a Ravel e alla sua esplorazione dei timbri. Mi ispirano anche alcuni compositori bulgari come Goleminov e Kazandjiev. E poi, naturalmente, il folklore bulgaro e i bellissimi arrangiamenti corali di canzoni tradizionali”.
Di certo non è facile al giorno d’oggi riuscire ancora a trovare il modo di “plasmare” un genere che, certamente ha nel suo dna l’arte di trasformarsi, ma ha anche il peso di più di cent’anni di storia; di certo con il suo album la Kirilova ha la capacità di iniettare nuova originalità sonora e compositiva.
Riccardo Santangelo