Il compleanno di Aida : 150 anni

Dal 21 Giugno al 03 Luglio 2022 presso l'Associazione Grupporiani

Le marionette, infatti, cesseranno di agire come interpreti del melodramma quando quest’ultimo si farà opera verista, cioè quando ambiente e protagonista non saranno suffragati dal mondo dei grandi eroismi, degli amori impossibili e non corrisposti e delle vendette.

Il Cast

Il costume di Aida è di Lila De Nobili

luci di Franco Citterio

direzione tecnica di Tiziano Marcolegio

voci recitanti

Carolina Baggi, Marco Balbi, Maurizio Dotti, Ombretta Franzini

Fabio Mazzari, Gianni Quillico, Franco Sangermano

i  marionettisti

Franco Citterio, Maria Grazia Citterio, Piero Corbella, 

Camillo Cosulich, Debora Coviello, Carlo Decio, 

Cecilia Di Marco, Tiziano Marcolegio, Pietro Monti, 

Giovanni Schiavolin, Paolo Sette

Apprendiste marionettiste

Veronica Lattuada, Michela Mantegazza

Registrazione Musicale:

Herva Nelli: Aida; Eva Gustavson: Amneris

Richard Tucker: Radames; Giuseppe Valdengo: Amonasro 

Direttore: Arturo Toscanini

Regia di  Eugenio Monti Colla 

Ripresa da Franco Citterio e Giovanni Schiavolin

Aida

Aida del gruppo marionettistico Carlo Colla & Figli

Argomento di grande fascino è suggerito anche dall’ambiente orientale dove l’atmosfera esotica non segue il criterio storico e filologico per cui Iside, ad esempio, sta insieme a Vulcano e i sacerdoti con sacerdotesse che ricordano piuttosto le odalische. 

A tutto questo si deve aggiungere l’ingenuità tipica del mondo marionettistico che assicura che la “celeste Aida” può essere davvero vestita d’azzurro, che gli Etiopi siano davvero “cattivi Etiopi” e che Amonasro sia “feroce” e Ramfis malvagio.

Per non parlare della scena del trionfo nella quale l’impiego delle marionette è assolutamente libero da imposizioni sindacali, da budget teatrali e può, tranquillamente, generare la mescolanza di schiere di personaggi di legno con animali di dimensioni eccezionali.

Lo spettacolo viene presentato in un’edizione che, fedele alla tradizione marionettistica ottocentesca, prevede la presenza di parti cantate e di parti recitate. Inoltre, stravolgendo l’opera verdiana, a causa della pressante richiesta del pubblico che affollava il Teatro Gerolamo, il finale prevede il crollo del Tempio e la fuga di Radames e di Aida verso le sognate “foreste imbalsamate”.

Personaggi

Il Re, Amneris, sua figlia, Radames, capitano delle guardie, Ramfis, Gran Sacerdote,   Amonasro, Re di Etiopia e padre di   Aida, schiava di Amneris,   Un Messaggero,   I ministri del Re,   I capitani del Popolo,   I Sacerdoti,   Le Sacerdotesse,   Le Guardie,   Le schiave di Amneris,   I danzatori mori,   I flabellieri,   I portatori di torce,   Gli armati,   Gli arcieri,  I portatori di idoli, Le danzatrici,   I prigionieri Etiopi,  Il popolo .

ATTO I

Quadro I

Atrio nel Palazzo del Re a Menfis

La notizia che gli Etiopi si preparano alla guerra tiene gli animi in apprensione. Il Gran Sacerdote Ramfis si reca dal Faraone a comunicare il responso degli Dei. Radames, giovane ufficiale, sogna di riportare gloria e onore sul campo.

Egli è innamorato di Aida, una principessa etiope schiava degli Egizi, che lo corrisponde.

Amneris, figlia del Re, ama Radames e sospetta che la schiava sia la sua rivale. Il Re annuncia alla Corte che Radames è stato designato quale condottiero delle truppe egiziane e incita tutti alla vittoria. Aida, rimasta sola, piange sul suo amore per un nemico.

Quadro II

Il Tempio del Dio Ftha

I Sacerdoti consacrano Radames condottiero delle truppe egiziane.

ATTO II

Quadro I

Gli appartamenti di Amneris

La Principessa furente di gelosia, con uno stratagemma, scopre il segreto amore di Aida per Radames e giura di vendicarsi.

Quadro II

Le Porte di Menfis

Il Re e la figlia alla presenza della corte, dei Sacerdoti e del popolo ricevono Radames vittorioso sugli Etiopi. Aida riconosce fra i prigionieri il padre Amonasro che si finge un semplice soldato. Il Re ordina che si apprestino le nozze fra Radames ed Amneris, quale premio della vittoria.

ATTO III

Quadro I

Le rive del Nilo

Amneris si reca con Ramfis al tempio mentre Aida va ad un convegno notturno con Radames. Qui viene raggiunta da Amonasro che la spinge a strappare a Radames il segreto militare per sconfiggere gli egiziani. Aida, 

patria. Sopraggiunge Radames che, deciso a fuggire con lei, rivela il nome del sentiero attraverso cui le truppe egiziane piomberanno sul nemico. Amonasro si presenta. Radames comprende il suo errore e si dispera per aver mancato al suo dovere. Amneris li scopre ed accusa di tradimento il giovane condottiero. Mentre Aida e il padre fuggono, Radames si consegna alle guardie.

ATTO IV

Quadro I

Il Vestibolo del Tempio di Ftha

Amneris assiste, straziata dal dolore, al giudizio dei Sacerdoti che condannano Radames ad essere sepolto vivo sotto l’ara del Nume. La Principessa, al colmo della disperazione, maledice i Sacerdoti.

Quadro II 

Il sepolcro nel Tempio di Fhta

Radames affronta il suo terribile destino.

Un gemito lo scuote: Aida, penetrata furtivamente nel sepolcro, è accanto a lui. Rianimato rivela alla donna amata il suo piano: con una torcia egli darà fuoco al salnitro che cola dalle pareti e che, mescolandosi allo zolfo e alla polvere di carbone del terriccio, esploderà facendo crollare la cripta.

Il Tempio crolla mentre i due amanti fuggono risalendo il Nilo su un’imbarcazione.

Marionette e melodramma

Incontro davvero entusiasmante quello fra il mondo dell’opera e il mondo delle marionette. Il discorrerne significa,

Aida del gruppo marionettistico Carlo Colla & Figli

inevitabilmente, ragionare su un grande arco di cultura che dalle lontane prime radici ci conduce sino al nostro tempo; non per pura e fredda passione filologica, né per nostalgica reminiscenza, ma solo per cogliere la smagliante freschezza di tale evento teatrale.

Fu la ricca e fastosa corte del principe Esterhàzy a vivere il primo incontro, geniale, senza alcun dubbio, per la presenza di Haydn, ma pur sempre accademico e virtuosistico perché frutto di una cultura che si rifaceva ad archetipi classicheggianti e perché destinato ad un uditorio che avrebbe vissuto, forse, soltanto la mondanità dell’evento ed il trastullo del gioco salottiero.

Né, all’epoca, le marionette potevano considerarsi, a buon diritto, un linguaggio espressivo o una forma teatrale. Al  pari di stucchi dorati o di specchiere imponenti, esse erano retaggio di una condizione. Ma sul finire della prima metà dell’Ottocento e, in seguito, per tutto il secolo, quando le marionette dilagarono nelle campagne e nei piccoli centri.

Un repertorio prevalentemente verdiano (e come pensare altrimenti!) a cui si affiancavano Cimarosa, Rossini, Mercadante, i fratelli Ricci e fra gli autori d’oltralpe Meyerbeer, Gounod, Offenbach e d’oltreoceano, Gomez.

E ci entusiasma sapere che fra i materiali musicali delle Compagnie a noi giunti esistano parti per orchestra e per banda a ricordarci come non tutte le “piazze” toccate dalle formazioni marionettistiche disponessero di tredici professori d’orchestra: tredici poiché tale era l’organico musicale. Un lavoro di riduzione e di trascrizione musicale, quindi, ed una perfetta conoscenza della partitura. E, ci sia concessa la retorica, uno sconfinato amore per la musica.

Ma se può intenerirci l’immagine di un piccolo palcoscenico animato da personaggi di legno, di tredici suonatori in buca, di quattro cantanti fra le quinte accanto ai marionettisti, certamente ci conforta l’idea che si trattasse di un’operazione teatrale nuova, autonoma, dove la presenza della marionette e dei suoi apparati scenotecnici, ove tutto è finzione (basti pensare alle scenografie dipinte su carta secondo i canoni prospettici del Rinascimento), si facesse strumento corposo e suggestivo di una realtà metafisica suggellata ed esaltata dal fluire delle note musicali.

Va da sé che, sul finire del secolo, la costruzione di un Teatro per le marionette a Milano, a pochi passi dal tempio del melodramma, unico esempio in tutta Europa di teatro stabile nell’arco della storia del teatro marionettistico, confermò e ratificò una sfida fra l’opera con i cantanti in carne ed ossa e l’opera con marionette poiché dal 1868 sulle tavole del Teatro Gerolamo apparvero i grandi melodrammi che avevano trionfato sul palcoscenico del Teatro alla Scala.

Continuava, così, in forma più consapevole, come si addice ad una grande città in fase di grande espansione, l’opera sociale e culturale che aveva , sino ad allora, interessato, il pubblico delle campagne e dei piccoli e piccolissimi centri della provincia lombarda e piemontese. Chi non poteva permettersi un posto alla Scala confidava nella certezza che le marionette sarebbero state le interpreti di questo o quel melodramma, o delle grandi azioni coreografiche che trionfavano sul grande palcoscenico come Le Vestali e Prometeo di Viganò, Excelsior, Pietro Micca, Sport e Amor di Manzotti. Si dava anche il caso che opere scomparse dal cartellone scaligero come Crispino e la comare, Chiara di Rosemberg e Guarany, tornassero a nuova vita e ad accoglienze addirittura trionfali.

Perché le marionette hanno sempre aggiunto un che di specifico alla operazione teatrale, così da trasformare ciò che all’apparenza sembra spettacolo con marionette in spettacolo di marionette.

Già, perché la tradizione marionettistica italiana, forse poco rispettosa verso i grandi compositori, ma certamente poeticamente viva e feconda nei confronti di un retaggio culturale e di una missione sociale (fortunatamente paroloni ignoti a quei bravi artigiani) non avrebbe potuto limitare la creatività nel sostituire le marionette ai cantanti, processo poco artistico, in verità, e, soprattutto, poco teatrale.

Anche il personaggio maschera, Facanapa o Gerolamo che sia, viene calato in auliche e drammatiche vicende che lo vedono espletare nobilmente la sia funzione di deus ex machina.

Ingenuo senso del comico, certamente, a prima vista, ma sottile e stimolante intervento dell’uomo della strada (cosa altro erano i marionettisti?) ad eroiche, guerresche e altisonanti vicende, in cui molto spesso si mescolavano caustici commenti e giudizi, non sempre tranquillizzanti, su eventi sociali e bellici contemporanei di cui spettatori e marionettisti erano involontari interpreti.

Quanto lontana l’antica origine salottiera delle marionette! E quanta assurdità nel voler considerare questi attori di legno “teatro aristocratico”! Possiamo, senza alcun dubbio, affermare che dalla seconda metà dell’Ottocento sino al primo triennio del Novecento fu soltanto il teatro delle marionette ad accogliere e a tenere desti fervori ed aspirazioni socio-politiche che tanto avevano accompagnato la vita del melodramma italiano.

Mentre le piccole compagnie itineranti limitavano le rappresentazioni ai drammoni o alle vite dei Santi per accontentare i palati del pubblico delle campagne, le grandi formazioni stabili e non, sempre alla ricerca di un repertorio non facile, indirizzandosi verso eventi teatrali in palese concorrenza con i grandi teatri d’opera quali il Regio di Torino, il Regio di Parma, la Scala  di Milano, non tralasciarono di parlare delle imprese coloniali, degli scioperi, della guerra di Libia, delle guerre mondiali, del fascismo, dei patti Lateranensi, ammiccando alle partiture degli illustri compositori.

Soltanto il repertorio verista non trovò spazio tra le teste di legno forse perché troppo lontano da quei simbolismi e da quelle allegorie così care al mondo marionettistico o, forse, perché troppo vicino alla rappresentazione dell’uomo e dei suoi sentimenti e così lontano dalla magia dei personaggi di legno.

Soltanto più tardi, in un momento di grandi trasformazioni musicali autori come Manuel De Falla e Erik Satie vollero le marionette interpreti di El Retablo de Maese Pedro e di Geneviève de Brabant in un contesto che, seppur salottiero come poteva essere il suggerimento della moda del tempo, affrontavano i grandi temi della cavalleria e delle leggende religiose, della  lotta contro gli infedeli e della grande illusione amorosa quasi a volerci indicare come in quel teatro in miniatura potessero ancora sopravvivere i sogni e le passioni del cuore ancora fanciullo, nella stessa concezione di tradizione scenica e musicale.

La Redazione

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